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RUBRICHE > ARTE & CULTURA> ARCHETIPI. UN VIAGGIO NELLE POSSIBILITÀ ESPRESSIVE DEL CALCO.

Archetipi. Un viaggio nelle possibilità espressive del calco.

Giuliana Donzello | 29 giugno 2020 - Arte & Cultura
Paride BiancoDer Tanz der Elfen, olio su tela, 170x167, 1988
Si è conclusa la mostra di Paride Bianco, “Archetipi. Un viaggio nelle possibilità espressive del calco”, inaugurata nel febbraio scorso negli spazi dei Granai del Museo Fattori a Livorno, a ridosso dell’esplosione epidemica del Covit 19. La mostra ha accolto il forte consenso di un numero ragguardevole di visitatori e di addetti ai lavori. È stato come attraversare un caleidoscopio di figure astratte e di colori vivaci - è stato notato - un universo visionario nel quale però, a un’osservazione più attenta, è sempre intravedibile la realtà.
Trentatré dipinti esposti nel che hanno riproposto un percorso dal 1985 fino ad oggi. L’esposizione è stata curata da chi scrive con la collaborazione del “Settore attività Culturali”: Musei e Fondazioni, Ufficio Musei e Cultura diretto e coordinato da Laura Dinelli e Daniela Mannella.
Paride è considerato da molti l’erede del pittore e scultore futurista “Umberto Boccioni”, e da altri, il nuovo Vasilij Vasil’evič Kandinskij. Sollecitato dalla stampa presente al vernissage a dire del senso del suo lavoro, del suo stile e del tempo che dedica normalmente alla realizzazione di un quadro, Paride ha dichiarato:
 “La mia mostra è il compendio di cinquant’anni di lavoro su una ricerca fatta sulla materia, la materia ‘grezza’, sulla quale lavorare e che t’impone delle domande alle quali tu come artista devi rispondere, e quando hai sciolto questo rapporto, ne nasce un’opera d’arte. Tutte le opere sono dei calchi messi su una base di gesso, o ripresi con una matita dalle punte adatte in modo tale da poter recuperare quel colloquio che s’instaura fra te e la materia; gesso e colla, con diversi spessori, con i quali si ottengono delle figure, delle astrazioni, che mi servono per capire se in una qualche maniera un’opera può essere astratta al punto tale da non inserirvi “cose proprie”; perché bene o male qualsiasi cosa noi facciamo, coinvolge tutta la nostra esperienza, e porta sempre con sé un riferimento al nostro vissuto: un nudo, una parte anatomica, un paesaggio, la linea di un tramonto. Per un artista astratto, il figurativo non è qualcosa da scartare; è un punto di riferimento da tenere presente, lo si mette da parte come una poesia da imparare a memoria e lo si usa come spunto per l’astratto. Lo stile che ho fatto mio si chiama  “ostatismo”, dove cioè il segno incontra un ostacolo durante il movimento, quando la matita trova “il salto”, e in quel punto “marca di più”, e lascia un tratto diverso. Può essere di riferimento il lavoro degli archeologi che chiamati a decifrare degli scritti antichi, usavano porre un foglio di carta sul documento e lo passavano con una matita o con un gesso; un modo artigianale certo, ma efficace. Un traslato che in pittura diventa uno strumento di espressione.
Il tempo dal progettare a realizzare il quadro è lungo. La carta o la tela va preparata in modo che il colore non si espanda, non abbia sbavature. I colori che uso, li faccio io con le terre, e la tela va preparata con una specie di colla in modo che durante la stesura – sia essa olio o tempera – questa abbia un’imprimitura”.
Paride Bianco ha ottenuto il consenso di valenti critici che gli riconoscono la capacità di dialogare con le piccole problematiche simili per tutti, con l’intimo bisogno di trovare risposte, per vivere una universale relazione caratterizzata non dalla occasionalità di temporanee riunificazioni, ma dalla pluralità delle interconnessioni. Questo modo di dipingere la realtà, che va dall’avvenimento mondiale al fatto quotidiano, in un modo proiettato oltre il consueto vedere, pone l’artista sul piano dell’astrazione, ma anche sul piano del movimento, del ritmo e della luce, a cui si aggiunge la multiforme varietà di colori, realizzando sensazioni che si esprimono in termini di tensioni in un rapporto con la realtà fantastica e magica (Falossi, 2019).
Paride Bianco è oggi uno dei nostri più importanti artisti. “Cresciuto nello spirito sessantottino a vocazione antiaccademica”, come si legge nella sua biografia, la sua arte diviene essenzialmente “ricerca”; nelle sue composizioni convergono voci e messaggi che ci portano all’ascolto ritmato della storia, del pulsare della civiltà, e che sollecitano sempre, e spesso inconsapevolmente, meraviglia, e perché no, anche un preciso riverbero di  poesia.

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