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Focus (1968-2018). 50 anni di arte di Paride Bianco
Giuliana Donzello| 1 ottobre 2018 - Arte & Cultura
![]() Si è inaugurata l’8 settembre scorso, al Museo del Bargello di Gubbio, la mostra “Focus (1968-2018)” del Maestro Paride Bianco, artista veneziano e livornese d’adozione, un percorso rappresentativo di 50 anni di attività artistica.
L’artista vive i suoi primi contatti con il mondo dell’arte, quando i nuovi linguaggi dagli anni 70 in poi aprono le arti figurative verso le varie forme dell’astrattismo e del concettuale ed i pittori danno preminenza al “fare”, spianando la via al dibattito sul senso. Paride (così firma da sempre le sue opere) si forma nella Venezia delle testimonianze pittoriche sociali del Novecento veneziano, in sintonia con Armando Pizzinato, condividendo con lui un solitario tirocinio, una nascita artistica tutta milanese e lo studio dei segni. Il suo esordio nel 1968 è segnato da una breve apertura verso lo spazialismo, ma è con gli Anni Settanta che la sua pittura apre al periodo della neofigurazione e dell’espressionismo astratto con prestiti baconiani, periodo segnato anche dalla frequentazione di Milano e dei galleristi Fumagalli, Schwarz e Gianferrari. Dopo aver abbracciato le idee di Georg Lukács, sperimenta pittoricamente l’alienazione dell’individuo borghese e l’alienazione del “compagno” comunista. Ma la realtà è vasta, va indagata, analizzata, riproposta con fedeltà. Si dedica perciò al disegno. Il 1981 è l’anno in cui produce una grande quantità di lavori fortemente strutturati, affidati a un fitto reticolo e a diverse matite con le quali riesce a dare profondità alla scena e plasticità alle figure; le diverse sfumature del nero e del bianco (affidato alla diversa pressione di un lavoro di sgommatura) diventano propedeutici al colore: una visione che è percepibile in due straordinari lavori che la mostra propone: il “Don Chisciotte (autoritratto)” e “Il recinto”. Con la vasta produzione di questi disegni, Paride rasenta il linguaggio fotografico e la cosa lo disturba. Se il pensiero di Lukacs lo ha avvicinato allo studio della mimesis, l’incontro con i grandi filosofi del linguaggio lo spinge sempre di più a rappresentare interpretando. “Dandy”, “Come M. (Modì)”,” Morte dell’anarchico Galli”, opere che spiccano sulla prima parete della sala centrale, sono degli autentici capolavori di grafica e di ritratti, tuttavia è con “Il generale” e “Paesaggio ostativo”, tra i primi lavori definiti “ostativi” che seguono in successione il percorso della mostra, che l’artista sperimenta una sua tecnica esclusiva, quella del calco e della paraffina calda. Guardando A Max Ernst, egli va oltre lo studio del frottage, utilizza un bassorilievo (l’ostato), lo organizza in funzione di una necessità compositiva, dove non vi è nulla di occasionale o di metaforico. Nel riscattarlo con il raschietto o la matita, fissa sulla carta o sulla tela ogni possibilità espressiva del calco. Grazie a questi interventi sono nate “Trasferimenti di senso (Fiori di sale)2,” V.I.P. (Very important person)”, ”Donna appoggiata al muro di spalle”, “Uomo appoggiato al muro di spalle” che con le altre opere esposte della serie, seguono la parete come note di un singolare spartito. Nella ricerca di equilibrio tra segno e colore, la cui iniziazione appare nei tre dipinti presenti della serie “I Fiori delle Mille e una Notte,1, 2, 3”, l’esempio più alto di opera aperta, un dialogo carico di emozioni, di lirismo incontaminato e allusivo, l’artista di “Passaggio a livello con musica” e “Lampi di genio del sottoscritto” (che spiccano importanti ed intense su una parete tutta loro) affronta la rappresentazione onirica del mito della Dea Madre, creando, o meglio ricreando il linguaggio mistico dei sogni. Paride Bianco appartiene a quegli artisti che non si riconoscono in un panorama dell’arte contemporanea che si identifica univocamente con le logiche di mercato. La sua è una ricerca “eccentrica”, cioè “non allineata”. Creare il nuovo non è proporzionale “al grado di azioni scandalistiche (…), ma piuttosto usare i meccanismi dell’analogia universale” (Scudiero). Ciò che sta a significare non è la forma, quello che conta è il contenuto, il pensiero, meglio se poetico, meglio se filosofico, meglio se motivato”. E in quanto alla poetica di Paride tali aspetti sono fondanti del suo “fare arte”. La mostra – che consiglio vivamente di visitare e in occasione del cui vernissage l’amministrazione comunale di Gubbio e l’assessore Fiorucci hanno conferito all’artista la “Targa alla carriera”– rappresenta una testimonianza importante cui guardare per la formazione delle generazioni di artisti future. |
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