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RUBRICHE > ARTE & CULTURA > GLI "OSSIMORI CONTEMPORANEI" DI LAURA VENTURI

Gli “Ossimori contemporanei” di Laura Venturi

Giuliana Donzello | 16 ottobre 2020 - Arte & Cultura
Laura Venturi
La passione per il disegno è il sentimento che fin dall’adolescenza ha portato Laura Venturi a maturare la scelta di un futuro nell’arte: strada che ha cominciato a percorrere da subito come scelta di vita e di cui non si è mai pentita. Un percorso lineare, il suo, inizialmente accademico, che tuttavia le ha permesso di superare ben presto il linguaggio figurativo e di abbracciare un informale materico e più recentemente l’astratto.
Spinta dalle forze più autentiche del ’68, aperta alla conoscenza e alla verifica dei rapporti tra natura e luce, la pittrice non disdegna di misurarsi con i compagni di diverso percorso nell’esperienza en plein air. Le opere degli esordi contengono già quei modellati in rilievo su sfondi uniformi che in maturità porterà l’artista a superare la fisicità della materia, per ricercare gli effetti del rilievo e della profondità che conferiranno al quadro l’impressione di articolarsi nello spazio.
È il periodo fecondo che va dalla fine degli Anni 90 al 2007, segnato da un virtuosismo espresso da ampi panneggi, plasticità, curvilinee, intrichi cui si contrappongono ampie spirali, ma anche toccati da una luce tenue e colori morbidi: ossimori rivelatori di un equilibrio sempre sul punto di rompersi per portare alla luce un tumulto interiore difficilmente controllabile. O meglio l’illusione di una tridimensionalità creata da una plasticità illusoria, intesa come capacità di ricreare un effetto di rilievo in pratica inesistente: una tridimensionalità che ottiene con il gioco di luci e ombre, con il chiaroscuro e l’oculata variazione degli spessori del rilievo e del volume degli oggetti rappresentati, pur disponendo di una superficie bidimensionale.
La fase successiva (dal 2008 in poi) è il momento liberatorio di ogni tensione interiore. La potenzialità creativa emerge dal profondo e trova nuova espressione nella trasformazione radicale del suo linguaggio pittorico: i colori tenui sono surclassati da una gamma cromatica forte e densa. Non più colori puri, ma rappresentazioni determinate da amalgami atipici, da segni vivi e significanti di un diverso linguaggio gestuale. Il quadro in tal modo non obbedisce a un disegno razionale, non testimonia alcun progetto; è figlio piuttosto di un inconscio senza fantasmi, emblema di una pittura del dire e del non dire: simboli che traslati in spazi diventano segni e poi colori.
Labirinti e graffiti (2010) è l’opera che dimostra la nuova struttura labirintica della pittura di Laura Venturi, con i suoi giochi di specchi, gli enigmi, la moltiplicazione, lo smarrimento, ma anche la coscienza dell’indecifrabilità che la pittrice cerca di sondare nel suo profondo. Ecco allora che le emozioni e un sentire inconscio chiedono di essere liberati; la pittura diventa spazio comunicativo, ritmi del cuore, suoni che salgono da un’anima pulsante e vigile. Il pensiero che la sottende non indaga più gli oggetti, ma scende nell’interiorità e si fa strumento di introspezione, ne esplora le zone più nascoste. Movimento e ritmo vorticosi entrano a far parte di un sistema di nuovi segni e frammenti di una diversa realtà nelle numerose intersezioni di forme colorate, che più che vivere nello spazio sono inserite in posture instabili avulse da ogni equilibrio.
La figurazione del quadro, legata alla ricerca latente della tridimensionalità slitta fuori dalle sue dimensioni reali e inserisce il dubbio dell’interpretazione, non sempre certa, non sempre leggibile, dell’opera aperta. Un’improvvisa apparizione di aperture (porte, finestre…) suggerisce un particolare punto di vista, quello di un’immagine intrisa di materia e di luce. La nuova rappresentazione vive in uno spazio mentale e psicologico attraversato da continue pulsioni interiori al quale la Venturi attinge per dipanare i diversi livelli del suo inconscio, affrontando una continua lotta interiore.
È allora che dalla coscienza emergono i grandi contrasti; la pittrice li affronta e li definisce in una composizione più consapevole, dove i conflitti e le nuove tensioni convivono all’interno di prospettive mutanti.
Oggi il suo lavoro è segnato dalla gestualità e dall’emozione caratteristiche di un’opera aperta; la pittura diventa spazio rappresentato di un universo in espansione. Il pensiero non indaga tanto gli oggetti, ma si fa strumento di un processo di introspezione; la composizione vive di movimenti scattanti e acquista una velocità frenetica. L’immagine si fa rappresentazione in assenza di rappresentabilità: svela l’incontro con la storia del sé; il suo valore non è dato dall’oggetto, ma dall’intensità ritrovata che lo illumina e dà alla visione valore catartico e rivelativo.
Ciò che inquieta la pittrice e l’entusiasma al tempo stesso è l’emersa coscienza del suo “sommerso” da cui non può sentirsi lontana, perché la riguarda da vicino, trovando nel dolore, quanto nell’espansione del piacere la spinta verso la continua ricerca di sé.
Nelle opere più recenti è pressante infatti la ricerca di un equilibrio che è tanto più instabile, quanto più palesemente si svelano gli elementi di un linguaggio assolutamente personale, assolutamente autonomo. Sono le forze binarie legate al rapporto tra colore ed emozione; è la dialettica dei contrari, in cui la temporalità di un percorso apparentemente lineare si scontra con il rapporto dicotomico di “realtà-inconscio”. Un disordine entropico dove la sussistenza dei conflitti interiori e dei contrari rafforzano l’attesa di un equilibrio temporaneo, poi congedato, ma già proiettato verso il rinnovo di altre tensioni e di memorie emergenti.


Le opere saranno visibili allo Studio Arte MeS3 di Livorno, in via Verdi, 40, fino al 3 novembre 2020

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