RUBRICHE > ARTE & CULTURA> IL GIORNO DELLA MEMORIA. PERCHÈ RICORDARE.
Il Giorno della Memoria. Perché ricordare
Giuliana Donzello | 27 gennaio 2020 - Editoriali
![]() Tutti conoscono la parola “Shoah”, nessuno “Porrajmos”, il divoramento: lo sterminio perpetrato a danno degli zingari, che non ha ancora ricevuto il giusto riconoscimento nell’Europa che lo ha generato, e ciò malgrado una commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani nel febbraio 2011 abbia riconosciuto di avere «… il dovere di compiere un atto di riparazione inserendo il genocidio dei Rom tra quelli che vengono ricordati ogni anno il 27 gennaio nel Giorno della Memoria».
Il Rapporto afferma che il Porrajmos fu uno sterminio «che al pari di quello degli ebrei fu condotto con scientificità e meticolosità in tutti i paesi occupati dai nazisti, perché considerati una razza inferiore». Mancano i dati precisi sullo sterminio, ma gli studi più recenti dicono di numeri che oscillano tra le 500 mila ed il milione e mezzo di vittime. Di certo si sa che le deportazioni in massa nei campi di concentramento e sterminio iniziarono nel maggio 1940 con un primo rastrellamento di oltre 2800 Rom e proseguirono fino al 1944. Tra il 1939 e il 1945 vennero uccisi oltre 500.000 zingari, vittime del nazionalsocialismo. La storia della deportazione e dello sterminio degli Zingari è una storia dimenticata: ancora oggi la documentazione è frammentaria e lacunosa. Eppure la persecuzione degli Zingari in epoca nazista è l'unica, oltre a quella ebraica, dettata da motivazioni esclusivamente razziali: proprio come gli ebrei, infatti, gli Zingari furono perseguitati e uccisi in quanto «razza inferiore». E anche il regime fascista di Mussolini diede il suo "contributo". In Germania, all’epoca dell’avvento al potere del nazismo, viveva un numero imprecisato di zingari di ceppo “Sinti”, la cui presenza risaliva al quindicesimo secolo. Organizzati in tribù si spostavano in carovane. Più tardi arrivarono i “Rom”, più portati a stabilirsi in residenze fisse e a lavorare nelle fabbriche come nei servizi pubblici, a frequentare le scuole e ad assolvere il servizio militare. Considerati comunque tutti vagabondi erano sottoposti, dopo l’emanazione delle Leggi di Norimberga, a sorveglianza della polizia, con un pesante inasprimento di numerosi provvedimenti precedenti alle nuove leggi naziste. L’inizio della degenerazione genocidaria per i Rom, è ufficialmente datato 14 luglio 1933, quando il nuovo consiglio di gabinetto, guidato da Adolf Hitler, l’odiato “Hitlari” dei Sinti tedeschi, varò il progetto di lotta ai Lebensunwertesleben, i cosiddetti "indegni di vivere". Nel 1936, in occasione delle Olimpiadi di Berlino, vetrina della grandezza e dello splendore del nazismo, gli zingari vennero rinchiusi nell’apposito campo di raccolta a Mahrzan, e di lì a poco fu istituito a Berlino un “Istituto di igiene razziale e biologia etnica” che doveva effettuare ricerche e stabilire l’esatta origine degli Zingari. Quando apparve che gli unici, veri “ariani”, la razza pura così cara ai nazisti, erano gli zingari puri, tutti i documenti dell’Istituto sparirono e lo stesso venne chiuso. Il 20 ottobre 1945 iniziò il Processo di Norimberga: imputati i criminali di guerra nazionalsocialisti, ma a distanza di un anno, nei dispositivi di sentenza, soltanto poche righe ricordavano lo sterminio del Popolo zingaro: I gruppi di azione ricevettero l'ordine di fucilare gli Zingari. Non fu fornita nessuna spiegazione circa il motivo per cui questo popolo inoffensivo, che nel corso dei secoli ha donato al mondo, con musica e canti, tutta la sua ricchezza, dovesse essere braccato come un animale selvaggio. Pittoreschi, negli abiti e nelle usanze, essi hanno dato svago e divertimento alla società, l'hanno talvolta stancata con la loro indolenza. Ma nessuno mai li ha condannati come una minaccia mortale per la società organizzata, nessuno tranne il nazionalsocialismo, che per bocca di Hitler, di Himmler, di Heydrich, ordinò la loro eliminazione. Perché ricordare? Il 27 gennaio, Giorno della Memoria, è una data diventata pubblica per un atto importante (sancito con una legge) compiuto dallo Stato Italiano, dalla nostra Repubblica democratica. Una data che ricorda l’abbattimento dei cancelli del campo di sterminio di Auschwitz, le persecuzioni razziali e gli orrori del fascismo e del nazismo. Intorno a questa data si organizzano dibattiti, incontri, si sostengono ricerche storiche ed eventi per promuovere conoscenza e insieme consapevolezza. Parole come Shoah e Porrajmos sono parole entrate nel nostro comune vocabolario. Parole per raccontare e per dire ciò che per noi oggi è inconcepibile: l’inconcepibile annientamento, il divoramento, lo sterminio, la distruzione fisica di milioni di persone, teorizzata e praticata dal nazismo e dal fascismo. “Meditate che questo è stato”: è il monito che ci ha lasciato Primo Levi, proprio per prevenire l’eventualità dell’oblio, dello smarrimento di senso. Abbiamo bisogno di ricordare, di ricordare come atto di verità, ma la memoria non è solo ricordo, non è una ricorrenza. È soprattutto un’azione, un impegno morale, un atto di consapevolezza. Atto che unisce tra loro le persone per costruire una coscienza pubblica, che dice oggi ciò che dal passato si è trattenuto e come questo ha arricchito la nostra capacità di agire. La mostruosità inconcepibile delle leggi razziali, dell’annientamento, dell’olocausto del popolo ebraico e poi il martirio di tanti: oppositori politici antifascisti prigionieri di guerra Sinti e Rom, gruppi religiosi, omosessuali e disabili, tutto questo interroga la coscienza collettiva e pone sulla bilancia della storia interrogativi universali che riguardano ognuno di noi e ogni generazione. E perché la memoria pubblica possa diventare coscienza collettiva occorre tradurre lo sguardo su quel tempo, su quella tragedia in uno strumento di lettura del nostro tempo, della nostra condizione presente, delle cose inedite che ci troviamo di fronte. “Il Giorno della Memoria” riguarda un pezzo della storia culturale dell’Italia e dell’Europa di cui dobbiamo avere piena consapevolezza per tenere ben dritta la barra, per consolidare le radici della democrazia che vogliamo, dell’Europa in cui vogliamo stare, di una realtà che si mobilita per cacciare l’antisemitismo, il razzismo, la xenofobia, l’omofobia, le discriminazioni. Di un Paese, infine, che vogliamo capace di promuovere diritti e responsabilità, uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale. E soprattutto Pace. |
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