Bellezza fra mucche e fiori
Vania Partilora | 21 giugno 2022 - Bell'Italia

È titolare di una delle più grandi aziende di carni chianine in Italia fondata dal padre Fosco e portata avanti con impegno e competenza.
Ha soltanto 44 anni Samanta Mecherini, è bella, elegante e gestisce da sola questa enorme azienda.
Ha recentemente ricevuto un premio per la migliore qualità di carne chianina in Italia. Il Premio indetto da iMEAT Farm Challenge & Convention che si è tenuto a Modena ha visto partecipare diversi professionisti del settore provenienti da tutta Italia.
Quante difficoltà trova una donna nel gestire un'azienda come questa?
Hai a che fare con un mondo di pregiudizi verso le donne, risponde Samanta ed è un lavoro pesante, sicuramente una donna da sola non ce la potrebbe fare. Conosco la realtà di donne sole che sono state costrette a chiudere. Tutti pensano che ci voglia un uomo ma nella parte gestionale una donna ha sicuramente molte più iniziative e idee per portare avanti l'azienda.
Come hai fatto allora tu ad emergere a tal punto?
Sono tosta e dura e ho cercato di guardare sempre avanti e di non ascoltare le voci che mi circondavano. Ho degli obiettivi e per me è una soddisfazione personale, sono orgogliosa di quello che faccio e perciò non sto ad ascoltare quello che dicono gli altri.
Quali progetti hai per il tuo futuro?
Vorrei riuscire a sviluppare ancora di più la mia azienda, arrivando al punto di far degustare direttamente nella mia azienda la carne che produco.
Hai un compagno?
Sì, ma non condivide con me il mio lavoro né le mie soddisfazioni. Sono andata alla premiazione da sola e da lui non mi sono neanche sentita dire "brava". Comunque come lui nel settore degli allevatori non c'è stato nessuno che mi abbia chiamata e mi abbia fatto i complimenti. C'è tanta gelosia e rivalità. Questo mi porta ad essere ancora più tosta e a sfidare ancora di più la situazione.
Ho conosciuto Maurizio Artosio presidente nazionale di FederCarni e gli ho chiesto di poter fare qualche corso e di vedere il suo laboratorio. Guardo al futuro con il progetto di differenziarmi dagli altri, seppur con molte difficoltà.
È un problema portare avanti l'azienda anche a causa dei costi che stanno aumentando.
Hai dipendenti?
Sono due, uno fisso e uno stagionale (6-7 mesi l'anno). Avrei bisogno di altri due dipendenti ma non ce la posso fare perché i costi sono aumentati del 60-70% nell'ultima annata e le rese non sono equivalenti ai costi di produzione. I prezzi degli ortaggi sono fermi da venti anni.
Per la carne i prezzi all'ingrosso sono aumentati, come del resto anche per i consumatori, mentre per noi il prezzo della carne è rimasto quello di sempre.
I prezzi dei cereali sono troppo bassi e proprio ora che c'è la trebbiatura sono stati abbassati non consentendo di vendere ad un prezzo che possa ripagare le spese e le fatiche dei produttori.
Hai dei progetti futuri?
Voglio realizzare un punto dove fare una braceria dove la gente può cuocere la carne da sola come in un pic-nic. Se non ci riuscirò a causa di problemi con i vari permessi e burocrazia, vorrei prendere un camioncino come quelli delle fiere. Non voglio un ristorante, preferisco uno spazio all'aperto come per un pic-nic. Devo cercare di dare una svolta all'azienda perché la terra e gli ortaggi danno tanta soddisfazione, ma comportano tanta fatica e necessitano di ancora più operai, quindi voglio indirizzarmi verso nuove frontiere.
Ha soltanto 44 anni Samanta Mecherini, è bella, elegante e gestisce da sola questa enorme azienda.
Ha recentemente ricevuto un premio per la migliore qualità di carne chianina in Italia. Il Premio indetto da iMEAT Farm Challenge & Convention che si è tenuto a Modena ha visto partecipare diversi professionisti del settore provenienti da tutta Italia.
Quante difficoltà trova una donna nel gestire un'azienda come questa?
Hai a che fare con un mondo di pregiudizi verso le donne, risponde Samanta ed è un lavoro pesante, sicuramente una donna da sola non ce la potrebbe fare. Conosco la realtà di donne sole che sono state costrette a chiudere. Tutti pensano che ci voglia un uomo ma nella parte gestionale una donna ha sicuramente molte più iniziative e idee per portare avanti l'azienda.
Come hai fatto allora tu ad emergere a tal punto?
Sono tosta e dura e ho cercato di guardare sempre avanti e di non ascoltare le voci che mi circondavano. Ho degli obiettivi e per me è una soddisfazione personale, sono orgogliosa di quello che faccio e perciò non sto ad ascoltare quello che dicono gli altri.
Quali progetti hai per il tuo futuro?
Vorrei riuscire a sviluppare ancora di più la mia azienda, arrivando al punto di far degustare direttamente nella mia azienda la carne che produco.
Hai un compagno?
Sì, ma non condivide con me il mio lavoro né le mie soddisfazioni. Sono andata alla premiazione da sola e da lui non mi sono neanche sentita dire "brava". Comunque come lui nel settore degli allevatori non c'è stato nessuno che mi abbia chiamata e mi abbia fatto i complimenti. C'è tanta gelosia e rivalità. Questo mi porta ad essere ancora più tosta e a sfidare ancora di più la situazione.
Ho conosciuto Maurizio Artosio presidente nazionale di FederCarni e gli ho chiesto di poter fare qualche corso e di vedere il suo laboratorio. Guardo al futuro con il progetto di differenziarmi dagli altri, seppur con molte difficoltà.
È un problema portare avanti l'azienda anche a causa dei costi che stanno aumentando.
Hai dipendenti?
Sono due, uno fisso e uno stagionale (6-7 mesi l'anno). Avrei bisogno di altri due dipendenti ma non ce la posso fare perché i costi sono aumentati del 60-70% nell'ultima annata e le rese non sono equivalenti ai costi di produzione. I prezzi degli ortaggi sono fermi da venti anni.
Per la carne i prezzi all'ingrosso sono aumentati, come del resto anche per i consumatori, mentre per noi il prezzo della carne è rimasto quello di sempre.
I prezzi dei cereali sono troppo bassi e proprio ora che c'è la trebbiatura sono stati abbassati non consentendo di vendere ad un prezzo che possa ripagare le spese e le fatiche dei produttori.
Hai dei progetti futuri?
Voglio realizzare un punto dove fare una braceria dove la gente può cuocere la carne da sola come in un pic-nic. Se non ci riuscirò a causa di problemi con i vari permessi e burocrazia, vorrei prendere un camioncino come quelli delle fiere. Non voglio un ristorante, preferisco uno spazio all'aperto come per un pic-nic. Devo cercare di dare una svolta all'azienda perché la terra e gli ortaggi danno tanta soddisfazione, ma comportano tanta fatica e necessitano di ancora più operai, quindi voglio indirizzarmi verso nuove frontiere.
Coraggio, il meglio è passato
Giuliana Donzello | 20 aprile 2022 - Arte & Cultura
La celebre frase di Flaiano mi ha incoraggiata ad andare a rileggere l’articolo apparso su Exibart 85 febbraio-marzo 2014 di Alessandra Polveroni, editorialista e critico d’arte, in cui il pessimismo e un femminismo irritato viziano in partenza una riflessione sofferta, ma contaminata dal solito pensiero nichilista.
A non tornare per l’editorialista e che per chi lavora tra arte, cultura e comunicazione è che il termine onnicomprensivo “cultura” fa rima con “letteratura”, a porre l’arte su un piano di subalternità.
Vorrei ricordare al riguardo che la critica d’arte nasce figlia della letteratura nel 1897 con i primi concorsi per critici d’arte, presi a prestito dalla critica letteraria, e a decretarne l’origine è stata la Francia che tra fine secolo e i primi decenni del Novecento ha assunto in Europa un ruolo culturale di primaria importanza. E anche lì dove si lamenta una colpevole indifferenza degli intellettuali verso l’arte e si colloca il fenomeno negli Anni Cinquanta, credo non renda giustizia a movimenti come la nascita del Fronte Nuovo delle Arti (1948), nati dalle macerie della seconda guerra mondiale.
Se poi ai vertici delle maggiori istituzioni a prevalere sono gli uomini, quegli stessi uomini che relegano le colleghe in luoghi, sempre deputati, ma di serie B, o in ruoli subalterni, attenti a legittimare oggi le competenze e capacità manageriali femminili su un piano d’inferiorità congenita, decretata da un’epoca che tutti noi vogliamo pensare superata, anche se la difesa delle parità di genere è ancora di difficile applicazione nei luoghi di potere.
L’uomo e la storia: ecco un binomio che nel caso Italia, all’epoca dell’articolo, ha decretato la ”scarsa attenzione“ verso i nostri musei e verso gli artisti di oggi, il cui termine definisce uno stato dell’essere monco di quella genialità che ha connotato il nostro Rinascimento, i Grandi del passato, da sempre celebrati in tutto il del mondo e che continuano a richiamare un turismo d’élite.
Oggi una simile mancanza è attribuita come causa del vuoto nelle sale di visitatori ”a meno che (il pubblico) non legga il giornale…” e non riceva la spinta necessaria a stimolare un interesse culturale. E le colpe si devono ricercare soprattutto nella gestione politica dei ministri che si sono succeduti (Gelmini, Letta, Renzi) e poi Grillo (che a citarlo è come dare la patente ad un cieco): tutti sabotatori, colpevoli di far naufragare il veliero che fino ad allora con il vento in poppa aveva solcato tutti i mari portando la cultura e gli insegnamenti di Michelangelo, Raffaello e Leonardo. E Tiziano no?
Reggono davvero il confronto Cattelan, Vezzoli, Boetti o Pennone, per i quali “c’è gente disposta a mettersi in coda”?
Per la Polveroni la contestualizzazione diventa un optional, non la necessità di affrontare il problema sul piano storico, ma nel dubbio, perché non riproporre allora la sua visione con argomenti forti ed inattaccabili?
Occorre chiudere definitivamente la stagione metafisica: dogma della creatività che si è infiltrata anche nella materia, materia intesa come disciplina, ma non quando è cosità, ovvero materia essenziale, agglomerato chimico e meccanico, quindi sorda a tutte le sirene illusorie di un certo tipo di critica adulatoria. L’autrice dell’editoriale ribadisce: “Avete fatto caso a quante donne dirigono musei in Italia? Non si tratta di emancipazione, è che di quei luoghi frega (!) molto poco”. Eppure le due gestioni del Ministro Franceschini stanno aprendo nuove porte!
La stessa visione nichilista viene ripresa su Exibart 115 del febbraio-aprile 2022 da Matteo Bergamini che invoca il “ritorno” di una normalità normale “e non quella ‘nuova’ che piace tanto ai miei contemporanei”, dove naufraga nell’idea che un dispotismo della comunicazione abbia sbarrato l’organicità del corpo come “soggettività incarnata”.
La percezione tattile è un’esperienza primaria, così come “toccare con mano” è una delle espressione più usate per la conclusione di un’esperienza: vedere e toccare al di là di ogni giustificazione metafisica fa partecipe il “Fare”: la somma di tutte le componenti che il cervello ha immagazzinato con l’esperienza. La materia dà informazioni continue; occorre accoglierle e destrutturarle. Solo se non ci si sforza di esprimerlo, niente va perduto nell’inesprimibile (Wittengenstein), dove l’esperienza del limite del pensiero e del dicibile si afferma con piena evidenza.
Insistere sulla capacità di trarre forme astratte dal pensiero, giustificando l’atto del fare in un momento di puro azzardo mentale è fallimento, fallimento di un vitalismo metafisico che è stato lanciato in soccorso alla mancanza di parole al sostegno critico, perché tale esperienza è in un campo che neanche il lirismo dell’indicibile salva.
L’astratto è sentimento allo stato puro. A verifica non è ripetibile.
A non tornare per l’editorialista e che per chi lavora tra arte, cultura e comunicazione è che il termine onnicomprensivo “cultura” fa rima con “letteratura”, a porre l’arte su un piano di subalternità.
Vorrei ricordare al riguardo che la critica d’arte nasce figlia della letteratura nel 1897 con i primi concorsi per critici d’arte, presi a prestito dalla critica letteraria, e a decretarne l’origine è stata la Francia che tra fine secolo e i primi decenni del Novecento ha assunto in Europa un ruolo culturale di primaria importanza. E anche lì dove si lamenta una colpevole indifferenza degli intellettuali verso l’arte e si colloca il fenomeno negli Anni Cinquanta, credo non renda giustizia a movimenti come la nascita del Fronte Nuovo delle Arti (1948), nati dalle macerie della seconda guerra mondiale.
Se poi ai vertici delle maggiori istituzioni a prevalere sono gli uomini, quegli stessi uomini che relegano le colleghe in luoghi, sempre deputati, ma di serie B, o in ruoli subalterni, attenti a legittimare oggi le competenze e capacità manageriali femminili su un piano d’inferiorità congenita, decretata da un’epoca che tutti noi vogliamo pensare superata, anche se la difesa delle parità di genere è ancora di difficile applicazione nei luoghi di potere.
L’uomo e la storia: ecco un binomio che nel caso Italia, all’epoca dell’articolo, ha decretato la ”scarsa attenzione“ verso i nostri musei e verso gli artisti di oggi, il cui termine definisce uno stato dell’essere monco di quella genialità che ha connotato il nostro Rinascimento, i Grandi del passato, da sempre celebrati in tutto il del mondo e che continuano a richiamare un turismo d’élite.
Oggi una simile mancanza è attribuita come causa del vuoto nelle sale di visitatori ”a meno che (il pubblico) non legga il giornale…” e non riceva la spinta necessaria a stimolare un interesse culturale. E le colpe si devono ricercare soprattutto nella gestione politica dei ministri che si sono succeduti (Gelmini, Letta, Renzi) e poi Grillo (che a citarlo è come dare la patente ad un cieco): tutti sabotatori, colpevoli di far naufragare il veliero che fino ad allora con il vento in poppa aveva solcato tutti i mari portando la cultura e gli insegnamenti di Michelangelo, Raffaello e Leonardo. E Tiziano no?
Reggono davvero il confronto Cattelan, Vezzoli, Boetti o Pennone, per i quali “c’è gente disposta a mettersi in coda”?
Per la Polveroni la contestualizzazione diventa un optional, non la necessità di affrontare il problema sul piano storico, ma nel dubbio, perché non riproporre allora la sua visione con argomenti forti ed inattaccabili?
Occorre chiudere definitivamente la stagione metafisica: dogma della creatività che si è infiltrata anche nella materia, materia intesa come disciplina, ma non quando è cosità, ovvero materia essenziale, agglomerato chimico e meccanico, quindi sorda a tutte le sirene illusorie di un certo tipo di critica adulatoria. L’autrice dell’editoriale ribadisce: “Avete fatto caso a quante donne dirigono musei in Italia? Non si tratta di emancipazione, è che di quei luoghi frega (!) molto poco”. Eppure le due gestioni del Ministro Franceschini stanno aprendo nuove porte!
La stessa visione nichilista viene ripresa su Exibart 115 del febbraio-aprile 2022 da Matteo Bergamini che invoca il “ritorno” di una normalità normale “e non quella ‘nuova’ che piace tanto ai miei contemporanei”, dove naufraga nell’idea che un dispotismo della comunicazione abbia sbarrato l’organicità del corpo come “soggettività incarnata”.
La percezione tattile è un’esperienza primaria, così come “toccare con mano” è una delle espressione più usate per la conclusione di un’esperienza: vedere e toccare al di là di ogni giustificazione metafisica fa partecipe il “Fare”: la somma di tutte le componenti che il cervello ha immagazzinato con l’esperienza. La materia dà informazioni continue; occorre accoglierle e destrutturarle. Solo se non ci si sforza di esprimerlo, niente va perduto nell’inesprimibile (Wittengenstein), dove l’esperienza del limite del pensiero e del dicibile si afferma con piena evidenza.
Insistere sulla capacità di trarre forme astratte dal pensiero, giustificando l’atto del fare in un momento di puro azzardo mentale è fallimento, fallimento di un vitalismo metafisico che è stato lanciato in soccorso alla mancanza di parole al sostegno critico, perché tale esperienza è in un campo che neanche il lirismo dell’indicibile salva.
L’astratto è sentimento allo stato puro. A verifica non è ripetibile.
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Chi non ha mai ascoltato i famosi The Rokes? Questo valente complesso ha imperversato negli anni '60 in radio, televisione, spettacoli un po' dappertutto ma particolarmente in Italia. In quegli anni i complessi furoreggiavano e i quattro musicisti, tutti nativi inglesi, vivevano alla grande il loro successo.
In quel maggio 1963 vediamo i nostri partire da Londra in treno per l'Italia ed arrivare a Milano. Debutto in un teatro vicino Porta Romana. Il successo si rivela immediato, fulminante perché il rock and roll era ancora sconosciuto e il pubblico in sala era composto per la maggior parte da giovani. Dopo Milano ecco poi Torino seguito da Roma al Teatro Jovinelli.
Ed è a Roma che The Rokes conoscono il manager Teddy Reno con il quale inizia un rapporto di lavoro dove fanno la conoscenza di Rita Pavone che in quel periodo imperversava. La casa discografica era la RCA con la quale la giovane cantante registrava i dischi e che divenne ben presto anche la casa discografica dei The Rokes.
In quel maggio 1963 vediamo i nostri partire da Londra in treno per l'Italia ed arrivare a Milano. Debutto in un teatro vicino Porta Romana. Il successo si rivela immediato, fulminante perché il rock and roll era ancora sconosciuto e il pubblico in sala era composto per la maggior parte da giovani. Dopo Milano ecco poi Torino seguito da Roma al Teatro Jovinelli.
Ed è a Roma che The Rokes conoscono il manager Teddy Reno con il quale inizia un rapporto di lavoro dove fanno la conoscenza di Rita Pavone che in quel periodo imperversava. La casa discografica era la RCA con la quale la giovane cantante registrava i dischi e che divenne ben presto anche la casa discografica dei The Rokes.
Franco Paoli.
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Associazione Culturale Punto d'Incontro - C.F.: 01403430497
Dimensione D - Coordinmento Editoriale: Piazza Martiri di Belfiore, 5 - 57023 Cecina (LI) - 0586.669062
Registrazione del Tribunale di Firenze n° 3994 del 7.9.1990
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