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​Orizzonti infiniti
di Giuliana donzello  |  29 agosto 2022 -  Arte & Cultura
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Cristian Andreini è un giovane dotato di una sensibilità artistica rilevante, che ha mosso i suoi primi passi scegliendo di esprimere il suo mondo interiore con la pittura, il disegno e la poesia. Si forma nel momento in cui aderisce allo studio dell’arte e si iscrive al Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Ateneo di Pisa. Nel contempo mette in pratica e sperimenta le nuove conoscenze acquisite, dopo averle sottoposte a una seria osservazione, in un confronto costante con la realtà del mondo presente e una profonda riflessione con il suo mondo interiore. Cerca, indaga, traspone i nascenti pensieri in “visioni” tra il metafisico e il surreale, al cui centro resta comunque l’uomo destinato a misurarsi con se stesso, perennemente diviso nel suo essere. Ciò che l’uomo è o crede di essere, Cristian Andreini lo trasmuta in valore, lo racconta con fluidità o intrecci e grovigli di segni, per liberarsi al tempo stesso di quelle emozioni, di quelle ansie e crisi di solitudine, di cui è il primo a non essere esente, ma che abilmente affranca con il riscatto dei suoi colori pregnanti, spesso violenti e contrastanti. Il suo è un percorso che sa di gioventù, ma già chiaro a chi lo conosce o lo incontra dentro i suoi lavori con tutta la fermezza, la forza di volontà, il desiderio di conoscere e sperimentare quanto gli sta attorno e lo stimola e insieme lo obbliga. Quello che ha adottato e adattato ad esprimere un pensiero attento e vivace, e che un giorno lo porterà a teorizzare una sua poetica, se continuerà ad essere fedele ai suoi principi, se non verrà mai meno ai suoi obiettivi, è quello dell’arte digitale, una pratica artistica che utilizza la tecnologia digitale come parte del processo creativo o di presentazione espositiva. Qualcosa di diverso e di innovativo rispetti ai linguaggi artistici storicizzati nel secolo scorso, che fa di lui un “figlio del suo tempo”, ma con l’intelligenza di non buttare un fondamento culturale che la tradizione di quel secolo rappresenta ancora oggi e che Cristian Andreini accoglie con riconoscenza e fa proprio nei suoi lavori. In essi, infatti, l’intervento pittorico va ben oltre la scelta di produrre degli effetti visivi tipici della trasformazione dovuta alla tecnologia digitale. Va riconosciuto l’uso sempre più diffuso di tali tecnologie nell’arte e che il desktop publishing, ad esempio, ha avuto ha avuto un enorme impatto sul mondo dell’editoria, anche se questo è legato prevalentemente alla progettazione grafica. Resta da chiedersi se le tecnologie digitali siano diventate davvero uno strumento indispensabile nella creazione di un’opera per gli artisti anche non digitali. Ma la strada che queste nuove pratiche devono ancora percorrere resta – a mio avviso – quella di cercare di realizzare quel parallelismo che l’arte visiva digitale ha saputo trasmettere nella musica prodotta elettronicamente negli ultimi decenni. Senza negare l’esistenza di materie e linguaggi, che per la loro essenza o proprietà continuano ad esistere, o affossare artisti che a cavallo tra il XX° e XXI° secolo continuano a creare autentici capolavori con colore e pennello, la sensibilità di Cristian proietta un messaggio che evolve dentro un sistema di segni e di campiture coloristiche. Non genera sola grafica, ma sta in equilibrio tra questo insieme: fotoritocco e manipolazione delle immagini, ricorrendo all’uso di tecniche diverse in combinazione. Se la digital art deve ancora guadagnarsi in qualche modo l’accettazione e il riguardo concessi a forme d’arte storicamente consolidate come pittura, scultura, disegno, forse perché in molti pensano che “a farla è il computer”, Cristian Andreini ha prodotto una quantità di opere significativa, realizzata avendo davanti a sé una vasta gamma di tecniche alle quali continua ad attingere per esprimere creativamente se stesso, senza mai venir meno alla sua integrità di uomo e d’artista. Lungo questa strada troverà la forza di progredire.                                                                                                                                    

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​Bellezza fra mucche e fiori

Vania Partilora | 21 giugno 2022 - Bell'Italia
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È titolare di una delle più grandi aziende di carni chianine in Italia fondata dal padre Fosco e portata avanti con impegno e competenza.
Ha soltanto 44 anni Samanta Mecherini, è bella, elegante e gestisce da sola questa enorme azienda.
Ha recentemente ricevuto un premio per la migliore qualità di carne chianina in Italia. Il Premio indetto da iMEAT Farm Challenge & Convention che si è tenuto a Modena ha visto partecipare diversi professionisti del settore provenienti da tutta Italia.
Quante difficoltà trova una donna nel gestire un'azienda come questa?

Hai a che fare con un mondo di pregiudizi verso le donne, risponde Samanta ed è un lavoro pesante, sicuramente una donna da sola non ce la potrebbe fare. Conosco la realtà di donne sole che sono state costrette a chiudere. Tutti pensano che ci voglia un uomo ma nella parte gestionale una donna ha sicuramente molte più iniziative e idee per portare avanti l'azienda.
Come hai fatto allora tu ad emergere a tal punto?
Sono tosta e dura e ho cercato di guardare sempre avanti e di non ascoltare le voci che mi circondavano. Ho degli obiettivi e per me è una soddisfazione personale, sono orgogliosa di quello che faccio e perciò non sto ad ascoltare quello che dicono gli altri.
Quali progetti hai per il tuo futuro?
Vorrei riuscire a sviluppare ancora di più la mia azienda, arrivando al punto di far degustare direttamente nella mia azienda la carne che produco.
Hai un compagno?
Sì, ma non condivide con me il mio lavoro né le mie soddisfazioni. Sono andata alla premiazione da sola e da lui non mi sono neanche sentita dire "brava". Comunque come lui nel settore degli allevatori non c'è stato nessuno che mi abbia chiamata e mi abbia fatto i complimenti. C'è tanta gelosia e rivalità. Questo mi porta ad essere ancora più tosta e a sfidare ancora di più la situazione.
Ho conosciuto Maurizio Artosio presidente nazionale di FederCarni e gli ho chiesto di poter fare qualche corso e di vedere il suo laboratorio. Guardo al futuro con il progetto di differenziarmi dagli altri, seppur con molte difficoltà.
È un problema portare avanti l'azienda anche a causa dei costi che stanno aumentando.
Hai dipendenti?
Sono due, uno fisso e uno stagionale (6-7 mesi l'anno). Avrei bisogno di altri due dipendenti ma non ce la posso fare perché i costi sono aumentati del 60-70% nell'ultima annata e le rese non sono equivalenti ai costi di produzione. I prezzi degli ortaggi sono fermi da venti anni.
Per la carne i prezzi all'ingrosso sono aumentati, come del resto anche per i consumatori, mentre per noi il prezzo della carne è rimasto quello di sempre.
I prezzi dei cereali sono troppo bassi e proprio ora che c'è la trebbiatura sono stati abbassati non consentendo di vendere ad un prezzo che possa ripagare le spese e le fatiche dei produttori.
Hai dei progetti futuri?
Voglio realizzare un punto dove fare una braceria dove la gente può cuocere la carne da sola come in un pic-nic. Se non ci riuscirò a causa di problemi con i vari permessi e burocrazia, vorrei prendere un camioncino come quelli delle fiere. Non voglio un ristorante, preferisco uno spazio all'aperto come per un pic-nic. Devo cercare di dare una svolta all'azienda perché la terra e gli ortaggi danno tanta soddisfazione, ma comportano tanta fatica e necessitano di ancora più operai, quindi voglio indirizzarmi verso nuove frontiere.

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Coraggio, il meglio è passato

Giuliana Donzello | 20 aprile 2022 - Arte & Cultura
La celebre frase di Flaiano mi ha incoraggiata ad andare a rileggere l’articolo apparso su Exibart 85 febbraio-marzo 2014 di Alessandra Polveroni, editorialista e critico d’arte, in cui il pessimismo e un femminismo irritato viziano in partenza una riflessione sofferta, ma contaminata dal solito pensiero nichilista.
A non tornare per l’editorialista e che per chi lavora tra arte, cultura e comunicazione è che il termine onnicomprensivo “cultura” fa rima con “letteratura”, a porre l’arte su un piano di subalternità.
Vorrei ricordare al riguardo che la critica d’arte nasce figlia della letteratura nel 1897 con i primi concorsi per critici d’arte, presi a prestito dalla critica letteraria, e a decretarne l’origine è stata la Francia che tra fine secolo e i primi decenni del Novecento ha assunto in Europa un ruolo culturale di primaria importanza. E anche lì dove si lamenta una colpevole indifferenza degli intellettuali verso l’arte e si colloca il fenomeno negli Anni Cinquanta, credo non renda giustizia a movimenti come la nascita del Fronte Nuovo delle Arti (1948), nati dalle macerie della seconda guerra mondiale.
Se poi ai vertici delle maggiori istituzioni a prevalere sono gli uomini, quegli stessi uomini che relegano le colleghe in luoghi, sempre deputati, ma di serie B, o in ruoli subalterni, attenti a legittimare oggi le competenze e capacità manageriali femminili su un piano d’inferiorità congenita, decretata da un’epoca che tutti noi vogliamo pensare superata, anche se la difesa delle parità di genere è ancora di difficile applicazione nei luoghi di potere.
L’uomo e la storia: ecco un binomio che nel caso Italia, all’epoca dell’articolo, ha decretato la ”scarsa attenzione“ verso i nostri musei e verso gli artisti di oggi, il cui termine definisce uno stato dell’essere monco di quella genialità che ha connotato il nostro Rinascimento, i Grandi del passato, da sempre celebrati in tutto il del mondo e che continuano a richiamare un turismo d’élite.
Oggi una simile mancanza è attribuita come causa del vuoto nelle sale di visitatori ”a meno che (il pubblico) non legga il giornale…” e non riceva la spinta necessaria a stimolare un interesse culturale. E le colpe si devono ricercare soprattutto nella gestione politica dei ministri che si sono succeduti (Gelmini, Letta, Renzi) e poi Grillo (che a citarlo è come dare la patente ad un cieco): tutti sabotatori, colpevoli di far naufragare il veliero che fino ad allora con il vento in poppa aveva solcato tutti i mari portando la cultura e gli insegnamenti di Michelangelo, Raffaello e Leonardo. E Tiziano no?
Reggono davvero il confronto Cattelan, Vezzoli, Boetti o Pennone, per i quali “c’è gente disposta a mettersi in coda”?
Per la Polveroni la contestualizzazione diventa un optional, non la necessità di affrontare il problema sul piano storico, ma nel dubbio, perché non riproporre allora la sua visione con argomenti forti ed inattaccabili?
Occorre chiudere definitivamente la stagione metafisica: dogma della creatività che si è infiltrata anche nella materia, materia intesa come disciplina, ma non quando è cosità, ovvero materia essenziale, agglomerato chimico e meccanico, quindi sorda a tutte le sirene illusorie di un certo tipo di critica adulatoria. L’autrice dell’editoriale ribadisce: “Avete fatto caso a quante donne dirigono musei in Italia? Non si tratta di emancipazione, è che di quei luoghi frega (!) molto poco”. Eppure le due gestioni del Ministro Franceschini stanno aprendo nuove porte!
La stessa visione nichilista viene ripresa su Exibart 115 del febbraio-aprile 2022 da Matteo Bergamini che invoca il “ritorno” di una normalità normale “e non quella ‘nuova’ che piace tanto ai miei contemporanei”, dove naufraga nell’idea che un dispotismo della comunicazione abbia sbarrato l’organicità del corpo come “soggettività incarnata”.
La percezione tattile è un’esperienza primaria, così come “toccare con mano” è una delle espressione più usate per la conclusione di un’esperienza: vedere e toccare al di là di ogni giustificazione metafisica fa partecipe il “Fare”: la somma di tutte le componenti che il cervello ha immagazzinato con l’esperienza. La materia dà informazioni continue; occorre accoglierle e destrutturarle. Solo se non ci si sforza di esprimerlo, niente va perduto nell’inesprimibile (Wittengenstein), dove l’esperienza del limite del pensiero e del dicibile si afferma con piena evidenza.
Insistere sulla capacità di trarre forme astratte dal pensiero, giustificando l’atto del fare in un momento di puro azzardo mentale è fallimento, fallimento di un vitalismo metafisico che è stato lanciato in soccorso alla mancanza di parole al sostegno critico, perché tale esperienza è in un campo che neanche il lirismo dell’indicibile salva.
L’astratto è sentimento allo stato puro. A verifica non è ripetibile.

Utopie spaziali. Il percorso artistico di Mattia Crisci in mostra a Livorno

Giuliana Donzello | 13 maggio 2021 - Arte & Cultura
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Il percorso artistico di Mattia Crisci – documentato negli spazi dello Studio Arte Mes3 di Via Verdi, 40 in Livorno e visitabile dal 4 giugno prossimo - comincia con lo studio de “I tre libri dell’arte del vasaio” (1579), dai quali l’artista attinge le varie tecniche dei maestri ceramisti. Il linguaggio che matura nel corso del tempo e delle esperienze, dei contatti cercati con artisti e tecnici del settore, si apre gradualmente al connubio tra i geometrismi del mondo reale e le intuizioni emerse dall’inconscio.Terra, acqua e fuoco restano gli elementi portanti della sua ricerca, particolarmente vivi nelle opere scultoree, dove al gres e alla porcellana è affiancata la fusione del vetro, nella trasparenza del turchese a simulare – come egli stesso dice – “la cascata che l’acqua percorrerebbe idealmente, creando un’immagine onirica e seducente”.


Johnny Charlton una vita fra musica e arte

Vania Partilora | 23 marzo 2021 - Arte & Cultura
Johnny Charlton
Chi non ha mai ascoltato i famosi The Rokes? Questo valente complesso ha imperversato negli anni '60 in radio, televisione, spettacoli un po' dappertutto ma particolarmente in Italia. In quegli anni i complessi furoreggiavano e i quattro musicisti, tutti nativi inglesi, vivevano alla grande il loro successo.
In quel maggio 1963 vediamo i nostri partire da Londra in treno per l'Italia ed arrivare a Milano. Debutto in un teatro vicino Porta Romana. Il successo si rivela immediato, fulminante perché il rock and roll era ancora sconosciuto e il pubblico in sala era composto per la maggior parte da giovani. Dopo Milano ecco poi Torino seguito da Roma al Teatro Jovinelli.

Ed è a Roma che The Rokes conoscono il manager Teddy Reno con il quale inizia un rapporto di lavoro dove fanno la conoscenza di Rita Pavone che in quel periodo imperversava. La casa discografica era la RCA con la quale la giovane cantante registrava i dischi e che divenne ben presto anche la casa discografica dei The Rokes.


Franco Paoli.
Ieri, oggi, sempre.

Vania Partilora | 23 marzo 2021 - Arte & Cultura
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Che il personaggio Franco Paoli venga ricordato in occasione dell'anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 9 aprile 2011, è un'idea tanto felice quanto doverosa. Chi non ricorda questo immenso personaggio che ha dato lustro e vita al nostro territorio? Chi non ricorda la sua arte, le sue marine elbane, chi non ricorda quei bagliori che squarciano il cielo, il riverbero accecante di una calura estiva e quel rosso vulcanico dirompente, inconfondibile? Una certa dolcezza risentiva di un tormento interiore che rifletteva nelle sue opere guidando lo spettatore nei più profondi meandri dell'anima di questo straordinario artista.


Paride Bianco al Simposio Internazionale per le celebrazioni del 7° Centenario della morte di Dante

Giuliana Donzello | 22 marzo 2021 - Arte & Cultura
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"Puro e disposto a salir le stelle” è l’opera del Maestro Paride Bianco, livornese d’adozione, che il comitato organizzativo del simposio internazionale su Dante ha scelto per il manifesto a ricordo dell’evento.
“Dante, ses critiques, ses imitateurs – France-Italie XX°- XXI siècle” nasce da una collaborazione tra le università di Clermont-Auvergne e Ca’ Foscari di Venezia e si avvale del contributo di studiosi della maggiori università francesi e italiane1, dell’apporto di scrittori e poeti e dei traslati pittorici del pittore veneziano, chiamato a “Ri-citer Dante, conceptualiser la ‘Comédie’ ”.



Come la pandemia accelera la crisi delle grandi istituzioni culturali. Il caso della “Casa Dei Tre Oci”

Giuliana Donzello | 20 marzo 2021 - Arte & Cultura
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Che la pandemia da Covid 19 sia causa della crisi in cui versano i territori e tutti i settori del Sistema Italia, anche quelli dell’arte e della cultura, è un dato ormai assodato; che le mosse gestionali si indirizzino necessariamente verso una ragionata distribuzione della ricchezza, avviene di conseguenza. Ma che a rimanerne invischiata sia la Fondazione Venezia, apre per lo meno ad alcuni interrogativi, vista la sua vocazione a interventi e progettualità nel campo dell’arte, dei beni culturali, della ricerca scientifica e tecnologica, nell’educazione, istruzione e formazione.


Arte e genialità

Vania Partilora | 11 febbraio 2021 - Arte & Cultura
Claudio Spinelli
Sapienza, spiritualità, cultura, grande arte. La magia creativa di questo straordinario personaggio emerge prorompente nelle sue opere come il respiro dell'anima. La grande libertà di pensiero e di azione di Claudio Spinelli ci conduce verso una coerenza non priva di genialità.
Il pennello come bisturi e il bisturi come pennello.
Ma anche il bisturi fa parte della vita di Claudio Spinelli perché è Professore Ordinario di Chirurgia Pediatrica dell'Università di Pisa e Direttore della Sezione Dipartimentale Universitaria di Chirurgia Pediatrica e Adolescenziale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

Innumerevoli i trattati, portano alla luce l'attività medica di questo luminare molto amato dai suoi oltre duecento studenti ai quali sa trasmettere non soltanto gli insegnamenti scientifici ma anche e soprattutto insegnamenti di vita. Una vita intensa e ricca di passioni che vede l'artista Spinelli, originario di Follonica, creare e lavorare ai dipinti anche durante la notte. Ma non soltanto la pittura perché anche alcuni saggi filosofici emergono dallo spirito e dalla cultura di Claudio Spinelli. Possiamo così riflettere su “Il gioco del pensiero” del 2001, seguito da “Il gioco di prestigio” del 2018 e da “Il gioco degli opposti” del 2019. Ecco dunque alcune profonde riflessioni sull'esistenza e non soltanto dunque il bisturi ma anche il pennello e infine la penna.



Medical Group sbarca a Livorno: un grande evento

Vania Partilora | 27 luglio 2020 - Bell'Italia
Michele Fruzzetti
È sempre vicino agli utenti, disponibile a dare informazioni e spiegazioni. Sempre molto apprezzato e stimato sia dai pazienti che dai suoi collaboratori e dipendenti.
Ecco dunque Michele Fruzzetti Amministratore Delegato del nuovo Medical Group Livorno e anche del B. Medical Group di Venturina.

Il percorso vincente di Valter Geri

Vania Partilora | 30 giugno 2020 - Bell'Italia
Valter Geri
Un impero di 3207 punti vendita grandi e piccoli, 2290 Soci, 57500 Addetti in tutta Italia. Ecco il nuovo Presidente nazionale Valter Geri che, in un momento di grande difficoltà a causa del Covid-19, prende in mano l'impero CONAD. Dal 2019 siamo diventati, dichiara Geri, leader di quote di mercato con 14 miliardi e 200 milioni di fatturato e non c'è ancora il completamento dell'acquisizione di Auchan.


BCCCC
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